C’è il rischio che scoppi una nuova crisi ancora più devastante perché questi piccoli imprenditori combattono ogni giorno una burocrazia elefantiaca, un fisco vessatorio e uno Stato assente. L’unica via d’uscita è rivedere la propria strategia che parte dai bisogni, dai desideri e dalle paure del mercato
La pressione fiscale per le imprese ha ormai superato il 60%.
Possiamo affermare senza ombra di dubbio che lo Stato è diventato socio di maggioranza di ogni azienda italiana.
Peccato però che questo “socio di maggioranza” lo è fintanto che le cose vanno bene e abbandona il caro alle prime difficoltà.
Nella migliore delle ipotesi, nei momenti più duri, questo Stato ringrazia le aziende che ogni giorno contribuiscono a far crescere il Pil con una bella cartella di Equitalia.
Per completare meglio l’opera, lo Stato italiano ripaga gli sforzi profusi dai piccoli imprenditori con una bella carenza di infrastrutture, una scarsissima politica energetica e una quasi totale assenza di incentivi ad assumere giovani e meno giovani nel tentativo mai ultimo di rafforzare la propria competitività.
I piccoli imprenditori sono una colonna portante del sistema economico italiano.
Quasi il 67% delle nostre esportazioni e il 62,5% del valore aggiunto prodotto nel 2013 ha fatto capo proprio a medie imprese, spesso non quotate in Borsa e in massima parte collocate nel Nord-Est e nel Centro Italia (dati Mediobanca e Unioncamere).
Le piccole e medie imprese (Pmi), ovvero le aziende con meno di 250 dipendenti, costituiscono a pieno titolo la spina dorsale dell’economia italiana, rappresentando infatti il 99,9% delle imprese della penisola, l’80% dell’occupazione e il 67% del valore aggiunto, tra le quote maggiori dell’area Ocse.
E’ quanto emerge da uno studio dell’Ocse dedicato alle Pmi italiane.
Fatto sta che, nonostante questi piccoli imprenditori siano la spina dorsale del Sistema Italia, non vi è ancora oggi alcuno spiraglio circa la tanto attesa svolta attraverso cui i mercati possano tornare a rifiorire sul tema della competitività e della vera crescita.
Girando per l’Italia e discutendo con tanti imprenditori impegnati nei vari comparti dell’economia (turismo, manifattura, commercio, artigianato, ecc), parrebbe di trovarsi in uno dei peggiori Stati d’Europa, in cui l’assenza delle infrastrutture, il peso del fisco e l’assillo dei mercati emergenti contrastano pesantemente qualsiasi nuovo slancio.
In effetti, capisco e mi metto nei panni di questi tanti piccoli imprenditori che si sentono sempre più soli e abbandonati da uno Stato pressocché assente e appesantiti da una politica internazionale che non è in grado di controllare il peso del libero mercato, specie quando quest’ultimo cede il passo alla concorrenza sleale.
E capisco anche tutti coloro cerchino di farsi spazio sul panorama internazionale, salvo poi ritirarsi sotto i colpi di un Made in Italy che non è più quello di una volta, cioè credibile e autorevole.
Ma c’è un momento in cui bisognerebbe fare ogni tanto i conti con la propria coscienza e chiedersi come mai ci siamo ridotti così.
Non penso assolutamente che tutta la colpa sia da imputare alla cattiva politica che comunque ha le sue grosse fette di responsabilità.
Credo invece che il problema sia da imputare a quegli stessi piccoli imprenditori che, nel tentativo di uscire dallo stallo, finiscono con il copiare i modelli di successo di altri colleghi, saturando l’offerta e innescando continue guerre di prezzo al ribasso.
Si prenda il caso dei commercianti ad esempio: un grande esercito di imprenditori specializzati nello scambio di merci e servizi che si ostinano a volersi imporre sul mercato aprendo negozi che non sono il risultato di una ricerca del nuovo e del necessario, ma un atto di assoluta presunzione figlia dei peggiori scenari commerciali anni 80.
Si continuano ad aprire bar, pizzerie, ristoranti, negozi e centri scommessa solo per assecondare una propria passione o per dare seguito ad un’apparente mancanza di alternative.
Il risultato è che questo tipo di negozi apre e chiude con la stessa velocità di un tornado, inducendo al pensiero negativo secondo cui il commercio non funziona più e che in giro non ci sono soldi, che c’è crisi e che la gente non esce più da casa.
La verità è un’altra: da troppo tempo, si è smesso di studiare.
Se così non fosse, in tanti si sarebbero accorti del fatto che da tempo in Italia non si innova più, non si produce più e soprattutto non si ascolta più il mercato.
Mi spiego meglio.
Il mercato è alla ricerca di un continuo equilibrio tra domanda e offerta.
Quando l’offerta è maggiore della domanda, i prezzi si abbassano per stimolare i consumi.
Quando la domanda è maggiore dell’offerta, i prezzi si alzano per sfruttare la congiuntura favorevole, massimizzare i guadagni e gli investimenti volti a soddisfare le richieste.
In questi anni viviamo un’epoca in cui l’offerta è spesso maggiore della domanda.
E non in quanto sia aumentata la povertà, ma perché sono rimaste inascoltate le esigenze di un mercato che negli ultimi 10 anni si è evoluto in maniera completamente opposta a come ci si era organizzati.
Così ad esempio, in molte città si è costruito case all’inverosimile perché sembrava che la popolazione dovesse crescere ai ritmi della Cina e invece i risultati dicono il contrario: il numero di case disponibili è di gran lunga superiore alle necessità abitative.
Così i prezzi sono crollati, con buona pace di chi non ha capito nulla di quanto stesse accadendo.
Basta guardarsi intorno per capire che molta gente ad esempio acquista su Amazon anziché nel negozio fisico. E non perché il negozio sotto casa avesse i prezzi più alti, ma per il semplice motivo che poter scegliere tra molta più merce referenziata e poterla restituire gratis se non di proprio gradimento anche dopo venti giorni resta più comodo rispetto al fatto del doversi mettere in macchina, trovare parcheggio, rischiare di essere rapinato, perdere mezza giornata e di non trovare quello che aggrada.
E’ solo una questione di bisogni, desideri e paure.
Se si tornasse a studiare il mercato guardando a questi 3 fattori, i piccoli imprenditori si sentirebbero molto meno vessati da uno Stato comunque assente e che si ricorda di loro solo quand’è il momento di battere cassa.
Dunque, quali sono i passi da compiere per evitare di fare la fine di tanti piccoli imprenditori che hanno chiuso i battenti?
Punto primo: STUDIA BISOGNI DESIDERI E PAURE DEL TUO MERCATO DI RIFERIMENTO
Prima di aprire un negozio o un’azienda, chiediti di cosa ha bisogno la gente. E per ognuna di quelle persone, chiediti che età abbiano in media, quali caratteristiche abbiano i loro comportamenti d’acquisto e cosa non riescono a trovare che il mercato già non offra
Punto secondo: FAI QUALCOSA CHE NON C’E’ GIA’ E CHE RISPONDE ALLO STUDIO CHE HAI FATTO NELL’AMBITO DEL TUO MERCATO DI RIFERIMENTO
Distinguiti per non estinguerti. Evita di fare qualsiasi cosa già esista. Evita di proporre prodotti e servizi che non siano già proposti da qualcun’altro. Commettere l’errore di pensare che tu proporrai un prodotto o un servizio migliore ma ad un prezzo più basso è lo stesso processo mentale che porta un uomo a suicidarsi.
Punto terzo: SMETTILA DI VENDERE ESCLUSIVAMENTE LA MERCE PRODOTTA DA ALTRI E INVENTA QUALCOSA CHE SIA SOLO E SOLTANTO TUO ANCHE SE NON SEI UN PRODUTTORE
Anche se vendi merce che non produci materialmente tu, trova il modo di personalizzare l’offerta con un marchio di tua esclusiva proprietà che ne contraddistingua il metodo, la stessa proposta e i vantaggi che ne derivano
Punto quarto: SPECIALIZZATI IN UNA SPECIFICA NICCHIA PRIMA CHE LO FACCIANO I TUOI CONCORRENTI
Non cercare di fare tutto, ma preoccupati di fare benissimo una singola cosa. In questo modo comunicherai la certezza di essere l’unico capace di risolvere specifici problemi. I tuttologi non ha mai avuto successo.
Punto quinto: ELABORA UNA STRATEGIA PER DIVENTARE LEADER ASSOLUTO NEL TUO MERCATO DI RIFERIMENTO
Non devi mai limitarti ad essere un’alternativa. Devi essere l’alternativa indiscussa e assoluta nel tuo mercato. Devi essere il leader. Capirai di esserlo diventato quando tutti cercheranno di imitarti.
Punto sesto: ANTICIPA I CAMBIAMENTI
Studiando il mercato, sarai in grado di capire cosa manca per soddisfare specifici bisogni, desideri e paure. Quando Ford introdusse la prima auto, la gente usava ancora i cavalli ma era sentita l’esigenza di viaggiare in maniera più confortevole e veloce.
Punto settimo: COLTIVA I CLIENTI COME SE FOSSERO FIORI
Ogni volta che trascuri i tuoi clienti è come se non annaffiassi le tue piante. Il risultato è che appassiscono.
INFINE:
Punta a generare un tuo brand.
Comunica il tuo valore attraverso un marchio differenziante.
Fissa precisi obiettivi sia nel breve che nel lungo termine
Lavora per ottenere risultati già dal primo mese di attività.. quando un business funziona, i risultati si ottengono subito.
Procurati sufficiente budget per comunicare con il tuo mercato di riferimento
Se non hai sufficiente budget da investire in marketing, puoi inventare tutto quello che vuoi, ma ci sarà un altro con più soldi di te che si prenderà tutto il tuo mercato.
Se anche tu vuoi evitare di fare la fine di tanti commercianti che offrono più o meno gli stessi prodotti e servizi e hai deciso di mettere in atto i progetti di una vita senza correre il rischio di affidare le tue idee al vento, allora clicca sul seguente link e scopri come puoi finalmente coronare i tuoi sogni in 12 mesi CON LA GARANZIA DEL RISULTATO ==> https://www.imprenditoridisuccesso.it/wp/